A seguito dell’istituzione della Commissione Comunale di
Vigilanza Locali Pubblico Spettacolo, approvata con deliberazione del Consiglio
Comunale in data 26 giugno 2014 (mecc. 2014-01984/061 esecutiva dal 12 luglio
2014), operativa dall’inizio dell’anno 2015, sono state riviste le procedure
per l’ottenimento del parere di agibilità tecnica sui locali e spazi di
pubblico spettacolo.
Fonte: Sito Città di Torino
Contrariamente a ciò che era prassi abituale, tale
Commissione Comunale di Vigilanza richiede l’istruzione di una pratica per le
aree adibite a spettacolo (stabilmente o temporaneamente) anche nel caso in cui
queste abbiano capienza pari o inferiore alle 200 persone.
L’istruzione della pratica che prevede l’approvazione di un
progetto e la successiva relazione tecnica sostituisce l’autocertificazione di
un professionista abilitato iscritto all’albo degli Ingegneri o degli Architetti
e prevede un iter oneroso (circa €200) i cui dettagli sono elencati qui: Strutture sotto le 200 persone
Pur intendendo lo spirito della delibera, e il suo ineluttabile
soggiacere alla Circolare 557/2005 del Ministero dell’Interno, vogliamo
sottolineare come il processo che essa mette in moto è chiaramente depressivo
di un novero di attività che fino a oggi trovavano felice se pur faticosa realizzazione
fuori dai circuiti standard della cultura e dello spettacolo.
Piccoli concerti, spettacoli di quartiere o di cortile,
attività in capo ad associazioni no profit, proiezioni cinematografiche in aree mercatali, feste di via e la cultura diffusa in genere sono
ora minacciati per due motivi:
1) Gli
enti promotori, spesso piccole associazioni, non possono reggere il peso di un ulteriore
iter burocratico senza dotarsi di consulenti (progettisti, ingegneri,
architetti) che inevitabilmente andrebbero a costituire un costo non colmabile.
2) Questi
stessi enti, normalmente inquadrati nell’ambito del no profit, non possono far
fronte ad ulteriori costi fissi (che si aggiungono alla SIAE e all’ex Enpals
anche in caso di spettacoli gratuiti) a fronte di contributi pubblici o privati
spesso inesistenti.
Per ultimo, compito del legislatore dovrebbe essere la
promozione della cultura diffusa, quella che raggiunge chi non frequenta
abitualmente i teatri e le sale da concerto e crea così nuovi pubblici, momenti
di crescita ed emancipazione collettiva.
Da tempo chi promuove cultura diffusa sa di non poter fare
affidamento sul denaro proveniente dall’amministrazione pubblica: ora chiede a
quest’ultima, al Ministero dell’Interno che è il promotore di questa norma e
all’ANCI che ne è l’interprete, per lo meno di non essere ostacolato, e di porre rimedio.
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